Pubblicato Gio, 04/10/2018 - 10:56
4 ottobre 1988-2018. Con il sorriso di fratel Carlo…
di Gianni Di Santo
C’è un insieme di nostalgia, gioia e riconoscenza nel far memoria di “questo” 4 ottobre di trenta anni fa. Nessuno avrebbe pensato (desiderato forse sì) che fratel Carlo Carretto, Piccolo Fratello del Vangelo, morto a Spello nel 1988 proprio nel giorno dedicato al santo di Assisi da lui venerato e preso ad esempio, un giorno o l’altro sarebbe stato ricordato con affetto e riconoscenza come testimone fedele del Vangelo e costruttore di buona speranza.
Tanti anni sono passati. Oggi c’è papa Francesco. La Chiesa, non solo italiana, assaggia l’odore delle strade degli uomini, si pone in ascolto dell’umanità ferita e dimenticata. Credo che fratel Carlo si sarebbe trovato benissimo in questo tempo nostro così acciaccato, liquido, digitale, frammentato, ferito. Lo avrebbe accarezzato. Accompagnato lungo i confini della tenerezza e della comprensione. Gli avrebbe sorriso. Per poi punzecchiarlo a suo modo, davanti la Parola sacra, quella che salva.
Di fratel Carlo inseguiamo quel suo sguardo verso il cielo, senza staccarsi mai dalla terra. Godiamo la sua scrittura, così semplice e diretta, mentre ci conduce attraverso il racconto sacro tra le feritoie dell’anima, tra le nostre braccia. Con lui abbiamo imparato che è possibile cercarsi un angolo di silenzio pure nel cuore distratto delle nostre città assordanti e prive di sguardi alti e altri. E, allo stesso modo, con lui abbiamo provato ad alzare lo sguardo oltre l’uscio di casa, incrociando costellazioni di stelle, senza dimenticare di lavare i piatti in cucina.
Ci è piaciuto il suo sorriso. Benevolo, certo, consolatorio e benedetto. Ma anche urticante. Il sorriso di chi ti spiega che non possiamo rimanere zitti di fronte alle ingiustizie della storia, quella grande del mondo che cambia, e quella dei nostri luoghi esistenziali, porti sicuri (e insicuri) verso la salvezza.
La Parola sacra, con fratel Carlo, non solo parla ai nostri cuori e ci accompagna per mano verso sentieri di pace interiore, ma contempla il fatto che l’altro, il di fuori, il mai possibile, l’oltre da noi, il lontano, il diverso, è sempre parte di noi e del cosmo. Impercettibile dimora di Dio.
Sì, è vero. Oggi fratel Carlo si sarebbe trovato bene in questa Chiesa. E con Francesco. Però ha saputo trovare casa – anche se una casa sempre affollata, forse un po’ incasinata, popolata, pregata, casa “in uscita” diremmo oggi – anche con la Chiesa dei suoi tempi, quando, forse, qualcuno non riusciva a capire che i tempi biblici della Pasqua hanno sempre bisogno di testimoni fedeli e, a volte, scomodi. Testimoni della profezia che guardano avanti.
Oggi, trent’anni dopo, il sorriso di fratel Carlo ci insegue di nuovo. Ci cerca, non più di nascosto. E ci regala possibilità infinite di nuova umanità.